Acclamato al Festival di Venezia, dove gli è stato tributato il Leone d'Oro, Povere creature è l'8° film di Yorgos Lanthimos, adattato da Tony McNamara dall'omonimo libro di Alasdair Gray (che a questo punto dovrò proprio leggere).
Il film ha undici candidature agli Academy Awards (film, regia, attrice protagonista e attore non protagonista, sebbene, secondo me, quello sbagliato, montaggio, fotografia, scenografia, costumi, trucco&parrucco, sceneggiatura non originale, colonna sonora) e ha già vinto due Golden Globes (migliore commedia e migliore attrice), per i quali aveva sette candidature; altre dieci ne ha ai BAFTA.
Bella Baxter è la Creatura di un novello Frankenstein, il dottor Godwin Baxter (Willem Dafoe), chirurgo e scienziato, affezionato a lei come un padre, capace, però, di lasciarla andare nel mondo, sia a fini sperimentali, sia cogliendo l'esigenza della vita che ha creato.
Bella, infatti, inizialmente ha una mente non formata, che evolverà nel corso della sua storia, man mano che esplora il mondo: all'inizio si tratta del limitato ambiente del padre, la casa e il laboratorio; ma presto non si accontenta di quanto ha a disposizione. I pochi stimoli iniziali non fanno che aumentare la curiosità della creatura, che coglie al volo l'opportunità di fuggire assieme a un mascalzone, Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), fuori dal suo ambiente domestico.
Strutturato in capitoletti, il film affronta diverse situazioni, facendo sempre crescere in ciascuno Bella nei suoi diversi aspetti. L'opera riesce, infatti, a trattare molti temi diversi, riguardo la necessità di scoprire e l'evoluzione di un individuo, tra alte aspirazioni ed esigenze materiali, dal bisogno di elevarsi spiritualmente con la filosofia o di fare del bene al prossimo, a quello più terreno di procurarsi da vivere, passando, frequentemente, per quello di conoscersi e soddisfarsi dal punto di vista sessuale.
"Tutto ha a che fare con il sesso, tranne il sesso. Il sesso ha a che fare con il potere."
Ho letto che questo continuo riferimento non è stato universalmente apprezzato. A me, personalmente, non ha pesato (cosa che invece fa di solito, quando è gratuito), poiché è ben contestualizzato e ha il suo perché, dovuto all'assenza di indottrinamenti di sorta sul personaggio di Bella. Poiché non ha sovrastrutture, l'unico modo attraverso il quale conosce la sessualità, è l'esperienza: quello che sente al riguardo e ciò che sperimenta, prima da sola e poi con altri. La libertà priva di tabù sul sesso la conduce a esserlo anche in altri ambiti; la conduce a scoprire sé stessa e il mondo, prima attraverso i sensi, appunto, che a livello cerebrale, poi a rendersi indipendente, ad avere potere. Le sensazioni che conosce le chiedono di assecondarle, di non farsi limitare dalle imposizioni che prova a metterle Wedderburn o chicchessia. Tutte le sue esperienze la rendono completamente formata, consapevole, libera, realizzata e, dunque, felice.
La prospettiva è principalmente femminile, perché il tema di rendersi indipendenti in un mondo patriarcale è attuale, ma resta comunque universale. Ogni individuo ha le stesse esigenze di Bella e si scontra con i tabù della buona società, come viene definita nel film, per cui certe cose non si fanno, anche per coloro che dichiarano che la società, con le sue norme, è castrante. Il mondo del film non è né un presente, né un passato, né un futuro; non è nemmeno una distopia, poiché raffigura una società vittoriana per la gran parte della pellicola, una società conformista agli ideali di quell'epoca. Eppure Bella, vestita in pantaloncini o, comunque, con capi di vestiario (bellissimi e coloratissimi) che non avrebbero potuto esistere allora, non suscita il mormorio della folla, come se fosse perfettamente normale che sia vestita così, sebbene a esserlo sia solo lei. Anche questo la connota diversamente da tutti: lei è unica, speciale, come dirà Max McCandles (Ramy Youssef), l'apprendista di Goodwin.
Libera dalle convenzioni e dalle morali del suo tempo, poiché non ha ricevuto alcuna istruzione (il dottor Baxter la osserva, ma non le fornisce un'educazione attiva), può apprendere secondo istinto e necessità. Qui compare l'unico neo che ho rilevato nel film, che per il resto, per me, non presenta difetti: qualche imprecisione nella scrittura. Non riesco, infatti, a spiegarmi come Bella abbia imparato a leggere. Si passa dall'articolazione approssimativa delle frasi alla lettura della filosofia. Inoltre, in alcuni momenti il personaggio esprime pensieri complessi in un linguaggio articolato, ricco e corretto, mentre in istanti successivi regredisce alla pronuncia di parole elementari e scollegate. Sono due diverse componenti del suo essere a cui dà differente spazio in momenti e contesti diversi, oppure non era intenzionale? Mi sembra che sia un difetto troppo evidente, per non essere voluto, poiché per il resto l'evoluzione di Bella è abbastanza lineare, anche se con qualche salto iniziale, probabilmente necessario a coprire lunghi intervalli. Credo che cercherò queste risposte nel romanzo originale.
Dal punto di vista estetico, il film è impeccabile e così la regia: costumi e scenografie sono originali, colorati, bellissimi; la fotografia è luminosa e pulita.
Dal punto di vista attoriale, ritengo che Emma Stone sia stata perfetta, molto al di sopra di La La Land, per la cui premiazione, all'epoca, non fui così d'accordo. Non avrei molti dubbi sulla sua vittoria agli Oscar. Deve interpretare una bambina, una ragazza ingenua e disincantata, ma anche una persona sicura di sé e matura, quasi cinica a un certo punto: le varie trasformazioni di Bella Baxter.
Anche le parti di Mark Ruffalo e Willem Dafoe sono molto apprezzabili, personalmente soprattutto la seconda, ma anche Ruffalo ha un personaggio che gli permette di sbizzarrirsi (e lo fa). Al contrario, quello di Dafoe è un originale, a suo modo coraggioso e cinico, ma anche sentimentale e corretto. Tanto è scorretto, possessivo e meschino è Duncan Wedderburn, tanto Max McCandles è retto, gentile e aperto di mente.
Giudizio: andate a vederlo e riempitevi gli occhi ⭐⭐⭐⭐ 1/2