Il terzo film che vedo di Luca Guadagnino è After the hunt, film di Amazon presentato fuori concorso alla mostra del cinema di Venezia.
Le precedenti esperienze che ho avuto col regista palermitano sono state infelici: di Bones and All e Challengers ho parlato in separata sede e non capisco perché abbia dato una terza chance a questo autore, ma ho fatto bene.
La locandina del film annuncia già una caratteristica che mi è piaciuta molto: la frammentarietà dei punti di vista. La complessità di una vicenda o di un'esistenza sta nel fatto che si compone di tante piccole facce, articolate, stratificate, molto spesso nascoste e su questo si sviluppa la narrazione di questo film.
All'apparenza c'è un fatto molto preciso: il professor Hank Gibson (Andrew Garfield in un ruolo molto diverso dai suoi soliti - piuttosto intenso, anche se non mi ha del tutto convinta) "oltrepassa il limite" con una delle studentesse di Yale (Ayo Edebiri), la ricca Maggie Price, che lo racconta alla professoressa con cui ha la tesi. E questo basterebbe per farci chiedere: chi mente dei due se una dice che l'ha fatto e l'altro nega recisamente? Ma c'è molto più di questo. La protagonista del film, infatti, non è la studentessa e non è il professore, ma una magnetica (e - vogliamo dirlo? - bellissima a 58 anni) Julia Roberts, ma quello che (forse) è accaduto - e, tranquilli, del tutto non lo sapremo mai nemmeno alla fine del film, anche se degli indizi ci sono - non è una vicenda collaterale, ma totalmente centrale e inglobante il suo personaggio.
La professoressa Alma Imhoff sta rivaleggiando proprio col collega e amico intimo Hank per la cattedra di filosofia e, come le spiega il marito Frederik (Michael Stuhlbarg che in Bones and all mi era piaciuto così tanto e che è favoloso anche in questa pellicola), psicanalista, sia Hank, sia la (apparentemente) brillante Maggie sono ammaliati (e forse di più) da Alma, ecco perché lei permette loro di avvicinarsi alla sua figura altrimenti algida e inarrivabile.
"Tu tendi a scegliere le persone perché ti adorano, non perché abbiano reali meriti di qualche tipo."
Julia Roberts gestisce un personaggio sofferente (fisicamente, per dei dolori addominali che la perseguitano, e psicologicamente, tormentata dal suo passato, sotto stress e guidata solo dal desiderio e dall'ambizione). Solo? No, non solo.
Piano piano, perché Guadagnino non è cambiato, è lentissimo (sempre al limite dell'esasperante o già oltre), come un fiore che si schiude a rivelare, petalo dopo petalo, il suo contenuto, scorgiamo una nuova sfaccettatura del personaggio, un segreto nuovo, un nuovo bisogno, una nuova fragilità, nascosta dalla maschera di perfezione, autocontrollo e mondanità che Alma porta ogni giorno.
Trovo che il personaggio sia scritto benissimo, ma non solo il suo: il marito devoto e perfetto, ma non succube e che conosce sua moglie più di quanto lei creda e l'accetta com'è; il migliore amico, così spavaldo e brillante, ma che sotto sotto nasconde altri lati, intenzioni e desideri, eppure forse si era accorto lui di qualcosa che era sfuggita ad Alma (se poi le era sfuggito davvero); e poi Maggie Price. Un'altra donna scritta molto bene e anche recitata bene: una figura complessa, che mai si capisce quanto reale e quanto finta; quanto viziata figlia di papà e quanto autentica in quello che sente e che crede. Tutto rimane sempre tra apparenza, bugie, segreti ben nascosti e persino rubati e manipolazione, perché una cosa appare in modi diversi a seconda di come la si racconta. E forse stiamo tutti solo recitando una parte. Pirandello docet. Si aggiunge anche una componente di conflitto generazionale con una precisa denuncia della fragilità dei nuovi giovani adulti (di cui tra l'altro si sente parlare sempre più spesso).
"Non mi sento più a mio agio a parlare qui con te."
"Non tutto ha lo scopo di metterti a tuo agio."
Non sentite anche voi nell'aria profumo di candidature a qualche premio? Azzarderei quelle di Julia Robert, Ayo Edebiri e Nora Garrett per la sceneggiatura, ma penso che anche Michael Stuhlbarg ci potrebbe arrivare.
E non sono da meno le scenografie (la casa di Alma e Frederick è un gioiello) e i costumi, mentre una delle cose che mi è risultata più fastidiosa, soprattutto a inizio film è un sonoro invasivo, che scava e contribuisce (sapientemente, è vero) ad accrescere la tensione, quel ticchettio terribile che dura per tutta la prima parte del film (che mostra la quotidianità della vita di Alma) fino al titolo.
Ma veniamo a quello che non mi è piaciuto, invece: Guadagnino. Tornano i primissimi piani nei momenti di intensità emotiva e alcune riprese molto "ondeggianti" che assecondano la confusione del personaggio che la sta vivendo. La macchina da presa "segue da vicino" i sentimenti dei personaggi e aiuta a narrarli. La conduzione è lenta e ripetitiva, anche inutilmente, poiché alcune dinamiche ripetute contribuivano tra poco e niente al racconto e questo, almeno per me, è un peccato capitale. Non c'è ragione di far durare un film un'ora e venti minuti, specialmente con un ritmo così lento e alcuni momenti che sono sfruttati sì per sottolineare un certo aspetto, un certo significato (ma forse ci arrivavamo lo stesso).
Cosa mi è piaciuto: sceneggiatura, cast, scenografie, costumi
Cosa non mi è piaciuto: regia, ritmo, durata
Giudizio: molto molto molto interessante e ben recitato, ottima scrittura dei personaggi e del disvelamento, ma lungo e lento ⭐⭐⭐
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