mercoledì 31 gennaio 2024

Waiting Academy Awards: ma the Holdhovers è così bello?

 Lunedì sera al cinema ho visto uno dei film più attesi dell'anno, The Holdovers di Alexander Payne, viste anche le cinque candidature che ha preso agli Oscar 2024: film, attore protagonista, attrice non protagonista, sceneggiatura originale e montaggio.


Parliamo subito della nomination che meno mi convince: la sceneggiatura. Non mi pare così grandiosa come storia, anche se i dialoghi sono molto curati. La vicenda è carina, divertente, ma non straordinaria e il genere è un po' quello di L'attimo fuggente, dove un professore fa da mentore (e viceversa) a uno dei suoi alunni.

Nel 1970 il professor Paul Hunham (Paul Giamatti) si trova a fare da custode agli alunni che non torneranno a casa per le vacanze di Natale, tra cui Angus Tully (Dominic Sessa), che sta passando un momento duro con la sua famiglia. Resta a scuola anche la capo-cuoca, Mary Lamb (Da'Vine Joy Randolph di Only Murders in the building), che ha appena perso suo figlio in guerra. Dopo un momento di incomprensione fra professore e allievo, il primo inflessibile, il secondo ribelle, i due si accordano affinché le vacanze non siano spiacevoli per entrambi e cominciano a conoscersi e a capirsi.

Tra uno scherzo e uno sketch, tra bugie e liti, finisce che professore e studente si aiutano a vicenda. Evolvono: è una storia di formazione. Anche Mary impara a convivere col suo lutto. Quel lezioni di vita che, italianamente, han voluto aggiungere al titolo, magari è un po' esagerato: certo, Hunham fornisce a Tully la sua visione della vita, fatta di principi e regole per non affondare, per non lasciarsi andare, malgrado gli insuccessi e una serie di patologie che lo affliggono; Angus invece lo aiuta a cercare la sua empatia, l'umanità. Il finale è agrodolce, ma mi è piaciuto.

La prima parte, quella introduttiva, l'ho trovata un po' lenta (m'ha pesato un gocciolino) e sono sicura che almeno quindici-venti minuti glieli avremmo potuti togliere, Mr Payne, così riuscivamo a stare anche entro le due ore. Il secondo tempo è più costante e riempito, tuttavia il ritmo è sempre piuttosto costante e moderato.

Il film mi è piaciuto, sicuramente. Mi sono molto piaciuti gli attori, particolarmente Giamatti e Sessa (giovane che non aveva mai fatto cinema finché non hanno fatto provini alla sua scuola, la Deerfield Academy, proprio per The Holdovers). Anche se non è stato candidato agli Oscar, è stato comunque candidato ai BAFTA e ha vinto come miglior giovane interprete ai Critics' Choice Movie Award.

Tuttavia l'ho trovata una storia carina, piacevole, dolce, ma, ecco, non straordinaria.

Giudizio: ⭐⭐⭐1/2

sabato 27 gennaio 2024

Killers of the Flower Moon: non fatevi spaventare dalla durata

 Ho temporeggiato parecchio prima di decidermi a vedere l'ultimo film di Martin Scorsese (scritto a quattro mani con Eric Roth), con Leonardo DiCaprio, Lily Gladstone, Robert De Niro e Jesse Plemons. Il motivo è presto detto: quelle tre ore e venti minuti mi terrorizzavano. Ho rinunciato due volte ad andare a vederlo al cinema, ma immaginavo che la produzione avrebbe avuto i numeri per essere candidato ai premi Oscar. Così è stato.

La verità, adesso che l'ho recuperato (gratis nel mio piano su Prime Video)? Mi dispiace non averlo visto in sala. Parliamoci chiaro, prolissino un po' lo è. La durata è pari a metà giornata lavorativa e vederlo la sera è molto dura: ho creduto di dovermi interrompere per la stanchezza dopo un'ora e mezza, ma la storia mi aveva presa e ho voluto terminarlo.


L'adattamento è scritto bene (la nomination alla sceneggiatura non originale, però, non se l'è presa), adattata dal libro d'inchiesta Gli assassini della terra rossa scritto da David Grann, che deve essere un bel cazzotto alla bocca dello stomaco, e coinvolge davvero. Anche il montaggio ha aiutato tantissimo e mi è piaciuto (la candidatura se l'è presa, assieme a quelle per film, regia, fotografia, costumi, scenografia, colonna sonora, canzone -Wahzhazhe- e due performance, quella di Lily Gladstone da protagonista e di Robert DeNiro non protagonista).

La storia è terrificante: la popolazione Osage trova petrolio nelle sue terre, diventa ricco e gli uomini bianchi, scansafatiche, avidi e scialacquatori, si organizzano per sterminarli e prendersi i loro beni, attraverso una serie di matrimoni con le donne indigene e assassini mirati per prendersi le eredità. Agghiacciante.

Nella seconda parte, con l'ingresso del personaggio di Plemons, inizia un'indagine federale sui crimini perpetrati nello stato indiano con risvolti veramente interessanti (nei quali salta fuori Brendan Fraser). Non entro nei dettagli per evitare spoiler, ma è un peccato, perché c'è molto da dire. (Guardatelo!!!)

Anche se DiCaprio non si è preso la candidatura, a me è piaciuto moltissimo il suo personaggio: quasi un minus, combattuto tra pulsioni diverse e diverse emozioni. Molto approfondito, più degli altri personaggi, a me è piaciuta tanto anche l'interpretazione. Anche il personaggio di De Niro è magistrale, diabolico e cattivissimo nella sua mellifluità. Fino all'ultimissimo minuto del film, quando le classiche scritte che riepilogano la conclusione delle vite dei personaggi sono sostituite da un geniale sceneggiato radiofonico (il mio momento preferito del film?) in cui appare persino Scorsese stesso, William Hale dichiara la propria vicinanza agli Osage, malgrado tutto. L'interpretazione di De Niro è sempre ai suoi livelli, ovvero alti, ma abbastanza per l'Oscar? Devo vedere le altre recitazioni, prima. Per quanto riguarda quella di Lily Gladstone tanti complimenti (ci sarà da vedere il testa a testa con la Stone?).

Il pregio massimo, in ogni caso, è il modo in cui è stato raccontato: esaustivo (beh, ci mancherebbe anche!), tiene il ritmo, ammaliando lo spettatore e mantenendolo attivo, portandolo nettamente a schierarsi con le vittime e creando una bella suspence che ti fa domandare come andrà a concludersi la vicenda.

Tutto, ambientazione, musiche, costumi, sono curati e precisi per creare un affresco intensissimo di una pagina di storia americana.

Giudizio: non ho altro da dire ⭐⭐⭐⭐1/2

giovedì 25 gennaio 2024

Waiting Academy Awards 2024: film candidati e dove trovarli

 Ci siamo, è iniziata quella stagione dell'anno in cui inizia la mia challenge intitolata "Gotta watch 'em all" parafrasando una ben più celebre sigla. Tentare (e fallire) ogni anno il recupero di ogni titolo candidato, almeno nelle principali categorie, agli Oscar è una delle mie fisse. Quest'anno, tuttavia, non sono così tanti i film che andrebbero visti imprescindibilmente, poiché nelle varie categorie ricorrono più o meno sempre gli stessi nomi.

Per coprire le categorie non tecniche (ma anche buona parte di queste), ovvero film, regia, la tetrade degli interpreti e le sceneggiature, dovrebbero essere sufficienti queste pellicole: 

  • Oppenheimer
  • Barbie
Questi forse li abbiamo visti durante l'estate: io personalmente sì, ma credo anche gran parte del pubblico, poiché erano, forse, i film più attesi del 2023, anche a causa del Barbienheimer.
  • Anatomia di una caduta - uscito al cinema il 26 ottobre scorso
  • Killer of the Flower Moon - uscito al cinema il 19 ottobre scorso
  • Past lives - che sarà in sala dal 14 febbraio
  • Povere Creature - da oggi nelle sale
  • American fiction - di cui non trovo informazioni sull'uscita su Coming Soon, quindi attendo news
  • La zona d’interesse - che arriverà in sala dal 22 febbraio
  • The Holdovers - già uscito al cinema una settimana fa, penso di vederlo lunedì sera
  • Maestro - disponibile su Netflix
  • Nyad - anche questo già su Netflix
Con "soli" questi 11 titoli resterebbero fuori, rispettivamente per un interprete protagonista e un'interprete non protagonista, Rustin, che comunque si trova su Netflix e Il colore viola, che sta per arrivare in sala l'8 febbraio e, per la sceneggiatura, May December, che fino ad aprile probabilmente non arriverà in Italia. 
Lo trovo un obiettivo ragionevole da raggiungere nel tempo a disposizione, ovvero un mese e mezzo circa, considerando che di questi undici ne ho già visti quattro (rimpiango di non aver visto il film di Scorsese al cinema, ma ancora mi sta pensiero l'idea di vederlo a casa, dalle piattaforme in cui è già disponibile per il noleggio, per esempio su Sky con circa 4 euro).
Aggiornamento: da ieri (26 gennaio) Killers of the Flower Moon è nel catalogo di Prime Video e l'ho recuperato.

Mi piacerebbe vedere anche tutti i film d'animazione e internazionali. Ho già visto Io capitano, che è meraviglioso e anche il mio film preferito dell'anno scorso; La zona d'interesse rientra già tra quegli undici titoli; Perfect Days lo vedrò questo week end; La società della neve è su Netflix, anche se il tema di cui tratta mi inquieta non poco; infine The Teachers' Lounge dovrebbe uscire al cinema il 7 marzo, tre giorni prima della cerimonia degli Oscar (che si terrà appunto il 10 marzo), almeno secondo l'app di Coming Soon, consultata in data odierna (specifichiamolo, perché le uscite sono spesso soggette a imprevisti).
Per quanto riguarda l'animazione, ho visto Spider-Man: Across the Spider-VerseElemental e Il ragazzo e l'airone. Nimona è su Netflix, mentre Robot Dreams andrà al cinema il 14 febbraio (informazione più attendibile rispetto a The Teachers' Lounge, giusto perché è più vicino nel tempo).
Ricapitolando, per completare tutte queste categorie, mi mancherebbero circa 15 film.
Non ho parlato di Napoleon, poiché è candidato solo a due categorie tecniche, costumi ed effetti speciali, così come Mission: Impossible - Dead Reckoning part one, anch'esso agli effetti speciali e al sonoro. Questi due, come Barbie e Oppenheimer, sono noleggiabili su diverse piattaforme.

Seguono tutte le nomination. Buone visioni!





mercoledì 24 gennaio 2024

Ci sto ancora pensando...Il ragazzo e l'airone

 

Un'opera d'arte non dà risposte alle domande, le suscita.

Mi tocca citare Bernstein proprio nell'apertura del film di Bradley Cooper per parlare invece del dodicesimo film di Hayao Miyazaki, Il ragazzo e l'airone.


Pur non essendo una delle sue fan più accanite ho sempre apprezzato i film che ho visto del regista giapponese: La città incantataIl castello errante di Howl, Kiki e posso dire lo stesso di questa ultima opera.

L'introduzione alla storia è, tra quelli che ho visto, la più classica e occidentale: durante la seconda guerra mondiale un ragazzo, Mahito, perde la madre nell'incendio dell'ospedale in cui lavorare a Tokyo. Tempo dopo deve fronteggiare alcuni cambiamenti: lui e il padre si trasferiscono nella casa natale della madre, di cui il padre sposa la sorella minore, Natsuko, che aspetta un bambino. L'avventura scaturisce dalla presenza di un airone cenerino che cerca di comunicare con Mahito e che lo condurrà in altre realtà spazio-temporali parallele.

I disegni e l'animazione sono molto curati e spesso (quei fondali pastello straordinari) nettamente superiori ai più moderni disegni di quasi tutte le case di produzione che puntano tutto sul 3D. Le creature e gli animali che compaiono sono originali e ben fatti.

Al pari delle altre produzioni che ho visto del regista, la storia è ricca di poesia, probabili riferimenti che non riesco a cogliere e magia. Per esempio, le varie specie di uccelli (pellicani, parrocchetti) che compaiono hanno un significato specifico? Da occidentale posso dire di averci provato a rintracciare una metafora sull'elaborazione del lutto, la depressione e del senso di colpa, ma appunto, sono solo un'occidentale iper razionale. Sono ancora qua a riflettere sui significati di quanto ho visto e, probabilmente, questo è il risultato di un lavoro ben riuscito.

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐ 1/2

giovedì 11 gennaio 2024

Dopo cent'anni la Disney non è più la stessa: Wish

 Nessuno nega che Walt Disney nel 1923 avesse fondato un'azienda e che questa dovesse fatturare per mantenersi. Però probabilmente il signor Disney un sogno ce l'aveva e l'azienda che a tutt'oggi porta il suo nome, invece, no.

I disegni, i cortometraggi, i film che sono usciti da quella fabbrica erano leggeri, divertenti, magici. Avevano sempre una morale, c'erano dei buoni che dovevano avere la meglio sui cattivi, sulle forze del male, caratterizzati sempre al meglio, perfino più dei protagonisti. C'erano aiutanti colorati e buffi che alleggerivano i momenti più difficili e davano una mano ai protagonisti. I prodotti erano godibili per tutti, adulti e piccini, con piani diversi di comprensione delle battute e di quanto accadeva a schermo. I bambini si divertivano con l'avventura e la slapstick comedy, gli adulti si commuovevano riconoscendo situazioni e sentimenti veri, anche se mascherati e coglievano il sarcasmo e l'ironia più fine.

Qualcosa è cambiato, cent'anni dopo. E io un sospetto ce l'ho di cos'è cambiato. Non c'è nessun sogno che esce più da quella fabbrica di cartoni colorati. A guidarlo c'è solo il dio Soldo, il dio Business: buttiamo sulla piattaforma digitale un prodotto appena un paio di mesi dopo che è uscito in sala, perché ci rendono di più gli abbonamenti mensili, dei biglietti al cinema; riempiamo i prodotti di quello che vuole la gente. Cos'è che vuole la gente? Il politically correct, le citazioni del passato? Vai, vai, sceneggiatore scrivimi una cosa che abbia questa, questa e questa caratteristica. La costruiamo al tavolino come una costruzione della Lego la storia, non ci interessa che sia ispirata. Mettici tanti Easter egg delle storie che aveva fatto uscire il vecchio tizio coi baffetti e l'aria paciona. Al pubblico era piaciuto Oceania? Vai, vai, la protagonista disegnala come Vaiana. Vi piacevano, eh, i disegni degli Anni Novanta? Vai, vai, facciamoli 2D anche noi, ma non tutti, però, perché la gente non vuole vecchiume, vuole la modernità. Facciamo un gigantesco appiccicume di un po' di tutto, ma scritto male. Diamo l'illusione al pubblico che stia vedendo il 62° classico della casa di produzione, perché alla gente piacciono quelli, i vecchi classici. Sì. E infatti è meglio guardarsi quelli. In VHS. Il nuovo decennio è cominciato male parecchio.

Volete sapere com'è Wish, il film del centenario? Così.


La scrittura è orrenda e ho passato la prima metà del film a chiedermi perché. Chi l'ha scritta questa stortura? Non è servito avere alla regia Chris Buck, che aveva lavorato su alcuni dei film più belli, come Tarzan e Frozen; anche la sceneggiatrice Jennifer Lee ha lavorato a fianco di Buck ai due Frozen e Zootropolis, ma è inutile prendere firme certe, se poi le vincoli a determinate condizioni.

La storia, costellata da alcune tra le più brutte e poco orecchiabili canzoni di un film Disney (io tuttora mi chiedo perché non abbiano pensato a una cover di When You Wish Upon a Star, visto che cadeva a fagiolo), ci presenta subito (proprio facendo il verso alla prima canzone di Oceania) subito l'origine di questo paese, fondato da Magnifico (unico nome che ricordo di tutti gli altri personaggi, solo perché l'hanno coniato ad aggettivo come Malefica), un re con un DSPT, che desidera costruire un paese al sicuro da tutto quanto di cattivo c'è là fuori nel mondo. Questo re si fa dare, al raggiungimento dell'età adulta, un desiderio da ciascuno dei suoi sudditi e promette di proteggerli tutti e, una volta al mese, di esaudirne uno. Il re e sua moglie sono bellissimi, bravissimi, fantastici; tutto il regno ama il suo meraviglioso sovrano...per meno di mezz'ora. Poi che è cattivo lo sgama subito la più imbranata delle eroine disneyane, Asha. Nella più brutta scena di cui abbia memoria in un cartone animato, Asha ha un colloquio di lavoro col re. E ha l'ansia per il suo colloquio di lavoro. Seguono scenette su come superare ansia e prova. 

Qua bisogna che mi fermi per lamentarmi di questa cosa. Nel 1937, quando è uscito Biancaneve e i sette nani, i castelli dei re e delle principesse in stile medievale erano lontani dalla realtà tanto quanto lo sono oggi. Questo non impediva che nel lungometraggio animato ci fossero le ambientazioni medievali, le streghe, i nanetti minatori, aggraziati personaggi del bosco e la magia. A nessuno (nessuno!) sarebbe venuto in mente di mettere in scena una sequenza che viene direttamente dalle nostre vite quotidiane, quale fare un colloquio, un esame all'università, andare dal dentista, o fare la spesa alla Coop la domenica dopo che è stata chiusa per la Befana, come una prova da superare in una storia di fantasia. Perché? Perché sarebbe noioso da morire e niente affatto magico. Mi si infrange la sospensione della realtà.

Inoltre, non me la fai durare venti minuti l'illusione che il re sia la migliore creatura della terra. Non glielo fai ammettere con la prima tizia che passa durante un colloquio di lavoro, perché il personaggio non lo sa che quella è la protagonista e quindi che le serve quell'informazione cruciale, subito, perché siete troppo pigri perché lo scopra da sola mentre lavora per il re (cosa che avrebbe anche risolto il problema di intrufolarsi nel castello di nascosto, ma sennò non c'era da scomodare i sette nani reincarnati).

A questo punto, ero già disgustata e me ne sarei andata, se fossi stata da sola. Il primo tempo è agghiacciante da quanto è brutto. Per non farsi mancare nulla, c'è anche una scena terribile, scritta male da morire, in cui Asha racconta ai familiari la sua scoperta e giocano a chi comunica peggio le informazioni: parlano lingue diverse, non si ascoltano, solo allo scopo di far scappare il personaggio e farle cantare la canzoncina che invocherà la coprotagonista/aiutante.

La storia è, infatti, quella dell'origine della stella in grado di esaudire i desideri delle persone. Personaggio, che, stavolta lo possiamo dire, è delizioso. L'hanno disegnato tenerello e buffo e si sono salvati. Si salva a pelo, con un po' più di alti e bassi, l'altro aiutante/spalla comica della storia, la capretta Valentino, che alterna battute banalotte e scialbe e altre più divertenti e riuscite.

Comunque, per far proseguire la storia, poiché per ora il cattivo era poco caratterizzato (di fatto era solo traumatizzato e intimorito che qualcosa potesse compromettere la sua idilliaca città), gli fanno fare un salto a caso, rendendolo cattivissimo, così Asha e i suoi numerosi aiutanti dovranno salvare la situazione, in mezzo a citazioni di molti classici della Disney (Bambi, La spada nella roccia, La bella e la Bestia, La Sirenetta, Robin Hood, etc...). Le versioni 3D di conigli, topi, orsi e scoiattoli sono così orride che penso torneranno a tormentarmi nei miei incubi ancora per mesi. Ancora peggio, inutile e cringe, la scena delle galline. Per chi l'avete scritta, per i bambini? Ma nemmeno se fossero cerebrolesi l'apprezzerebbero! Sono piccoli, mica scemi!

Le canzoni mi hanno esasperata, ho provato noia e impulso di fuggire ogni volta che mi accorgevo che stava per partirne un'altra. Non hanno aggiunto nulla, non hanno mai svolto una funzione narrativa, tranne la prima. Non mi ricordo nemmeno quella principale che è nel trailer e ha pure una ripresa sul finale (quindi l'ho sentita due volte, ma non è bastato). Da Encanto hanno preso una brutta china con le canzoni.

Il doppiaggio è stato a tratti agghiacciante, soprattutto quello di Asha (Gaia), che in alcuni punti si è pure mangiata le parole, ma non è che sia andata tanto meglio con Magnifico (Michele Riondino) o Valentino (Amadeus).

Il secondo tempo, comunque, è migliorato abbastanza e alla fine sono riusciti a dargli un finale decente, prevedibile, ma apprezzabile. La morale della storia è sicuramente carina. Vogliamo dire che era scontata anche questa fin dal primo dialogo e forse pure dal trailer? Sottintendiamolo, dai.

Nel complesso, tuttavia, la storia strappa a malapena la sufficienza. Non è abbastanza per celebrare il primo (e ultimo?) secolo di questa casa di produzione. Non c'è magia solo perché c'è un po' di polverina magica. Me l'hai sbriciolata la magia quando mi hai mostrato la scena del colloquio. La scrittura è pigra, scontata, poco originale e forzata e trascurata al tempo stesso.

Giudizio: ⭐⭐L'impressione generale è che questo film sia finto: un progetto assemblato a tavolino perché rispondesse a certe esigenze, ma totalmente senz'anima.