martedì 20 giugno 2023

Gli Spiderman di Miles Morales: la mia maratona domenicale nel multiverso

Ancora non avevo fatto in tempo a vedere il primo film, Spider-man - un nuovo universo, uscito ormai nel 2018 (era tra le priorità, ma a casa faccio veramente fatica a ritagliarmi lo spazio per i lungometraggi, specie se non polizieschi), che mi esce il sequel, Spider-man: across the Spider-verse. Entrambi si preannunciano come rivoluzionari per l'animazione e il concetto stesso di multiverso, che ormai sembra essere l'unico topos narrativo in molti franchise.


Ieri mattina mi sono dunque proposta di recuperare su Disney Plus il primo film di questa saga di Sony associata Marvel e nel pomeriggio sono andata al cinema a vedere il secondo.

Mi sono accorta subito di una cosa: la visione in sala per me rappresenta ancora la migliore esperienza di fruire il medium cinematografico, malgrado i bambini urlanti e scorrazzanti (sì, le madri non sanno più fare il loro mestiere, cioè tenere un bambino seduto al suo posto e parlante a un volume inferiore a quello delle aquile) e altri membri del comparto genitoriale, chiaramente boomer, che forniscono spiegazioni immaginarie ai figli (urlando molto più dei bambini), del tipo "non lo so chi è spiderwoman" in una scena in cui c'è una tizia con un costume bianco da spider-(wo)man. Ho infatti mantenuto l'immersione nella visione comunque molto di più che sul divano di casa, dove la famiglia interrompe o io mi distraggo anche per altre ragioni.

Forse è per questa ragione che il primo capitolo mi è piaciuto, ma non tanto quanto mi è piaciuto il secondo, proprio per il diverso grado di immersione e anche per la grandezza e la vividezza dei colori sul grande schermo (che pure era quello di un cinema di paese e non una sala di alto livello di un multisala). Le storie sono molto carine in entrambi i film, ma il livello di trascinamento nella storia per me è stato superiore nel secondo episodio.

Spider-man un nuovo universo

In questa origin-story del personaggio di Miles Morales, a New York questo giovane portoricano sta cercando di ambientarsi nella nuova scuola privata a cui i suoi esigentissimi genitori lo hanno iscritto e affrontando l'adolescenza ricercando la compagnia dello zio artista (così diverso dal padre che invece è poliziotto), quando viene morso dal classico ragno velenoso. Ma, attraverso un simpatico gioco di presentazioni, che si ripresenterà costante in tutti i 257 minuti che compongono la dilogia finora prodotta, dovuto alla natura stessa di un film ambientato in un multiverso, scopriamo che prima di Miles in realtà c'era già un Peter Parker che era lo Spider-man ufficiale di questo mondo.

Poco dopo aver scoperto i propri super poteri, Miles si ritrova faccia a faccia con Peter-spiderman, che ne riconosce i poteri-ragno e gli promette di aiutarlo a gestirli, mentre è intento a cercare di bloccare un acceleratore di particelle che Kingpin vuole usare per entrare in altri universi paralleli. Nello scontro con gli scagnozzi di Kingpin, tra cui Prowler e Goblin, quest'ultimo spinge Peter nel flusso di particelle dell'acceleratore acceso, provocando tre effetti: si genera un'esplosione durante la quale Spider-man viene ferito, si sono generati dei buchi spazio-temporali che porteranno in questo universo alcune spider-persone provenienti da altri mondi, Peter-spiderman chiede a Miles di finire il lavoro di distruzione del progetto di Kingpin poco prima che quest'ultimo lo finisca.

Miles si ritrova così solo a imparare a gestire i suoi poteri e a portare a termine la missione affidatagli da Peter, finché non incontra gli altri Spider- arrivati dalle altre dimensioni.

E questi Spider-personaggi sono una bomba! Riprendono vari stili di fumetto (dal manga ai Looney Tunes passando per il noir) e hanno caratterizzazioni, storia pregressa e poteri unici, anche se non c'è troppo tempo per approfondirli tutti. Il focus è su Miles e Peter B. Parker.

L'animazione è favolosa come era stato profetizzato: ha molti tratti fumettistici e psichedelici, che sono freschi e originali. Mi sono piaciute moltissimo le apparizioni in certi momenti specifici dei classici riquadri di testo dei fumetti per mostrare il sovraffollamento dei pensieri di Miles oppure delle onomatopee.

La storia è carina: è sia una storia delle origini, quindi parecchio incentrata sull'introdurre i personaggi e su mostrare Miles alle prese con il classico apprendere come si gestiscono i poteri, sia un pochino racconto di formazione, perché si parla di un adolescente che evolve, ma non è il solo personaggio a maturare. Il tutto è affrontato con grande leggerezza, con una comicità efficace ma moderata e condita di abbastanza azione: quando Miles è pronto a "sentirsi" uno spider-man, la dimostrazione dei suoi poteri è visivamente bellissima.

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐

Spider-man: across the spider-verse

La storia prosegue 18 mesi dopo la risoluzione della prima avventura: Miles ora è il solo spider-man del suo universo e deve orientare la sua futura carriera scolastica tra i mille impegni da super eroe. Il film però parte da un'altra protagonista-ragno, ovvero Gwen Stacy, incontrata nel primo capitolo, che viene reclutata da una squadra di spider-eroi provenienti da innumerevoli mondi paralleli, che sembrano proteggere le trame di questo enorme multiverso. Senza addentrarci di più nella trama, anche Miles sarà coinvolto nelle vicende, avendo l'opportunità di visitare altri universi e di incontrare altri eroi dotati di poteri simili ai suoi.

Rispetto al primo episodio non sono dunque personaggi di altre terre ad arrivare in quella di Miles, ma piuttosto il contrario. Cambia leggermente anche il tono, soprattutto in alcuni momenti del film, divenendo leggermente più cupo. Intendiamoci: le risate sono assicurate, ma le tematiche diventano più gravi a mano a mano che si progredisce nella trama, entrando in gioco il futuro dei cari che fanno parte della vita delle spider-persone e anche la stabilità stessa dei mondi.

Assistiamo anche a un maggior approfondimento di alcuni personaggi, ma non di tutti (il film, del resto, è molto più lungo del primo, ma non abbastanza per scendere nei dettagli con tutti i numerosi eroi): Miles e i suoi genitori, Gwen. I nuovi spider-eroi sono solo introdotti o accennati. Anche stavolta si sono sbizzarriti a creare personaggi originali e persino molto divertenti, ponendo l'accento quasi sempre su caratteristiche da caricatura. Ero stata informata prima della visione dell'esistenza di un personaggio che avevano impiegato tre anni ad animare completamente, per via del suo essere fatto "della stessa materia di cui sono fatti i graffiti", con ogni graffito animato in maniera autonoma: un risultato visivamente molto riuscito e bello da vedere. Anche il primo piccolo avversario che si incontra all'inizio del film, un avvoltoio disegnato come se fosse un modello leonardesco, ha una grafica e un'animazione che mi hanno fatto impazzire dalla contentezza.

L'animazione supera quella del primo film. C'è stato tanto lavoro dietro questo progetto e si vede sia nella tecnica animata, sia nella sceneggiatura, che è coerente, ben scritta, evolve verso un climax di tensione emotiva, avvincendo completamente lo spettatore e poi lasciandolo sospeso con aspettative altissime: infatti sono rimasta interdetta quando la vicenda si interrompe a metà. In teoria lo sapevo, dovevo averlo letto o sentito da qualche parte, perché l'annuncio al termine dei titoli di coda del prossimo capitolo, intitolato Beyond the Spider-verse, mi è suonato familiare. Non di meno, sono rimasta spiazzata e ne avrei voluto ancora, ne avrei voluto di più.

Il film dura due ore e un quarto (35 minuti oltre la durata del primo film), che, con onestà, devo dire di non aver sentito, arrivando alla conclusione pensando "ma come? è già finito?", tranne che in una parte: il discorso di Rio, la madre di Miles, al figlio. Sia per la lunghezza del discorso, sia per un paio di pause che si sentivano (insolito in un film d'animazione), anche se capisco che questo dialogo e l'analogo col padre servissero a enfatizzare il rapporto coi genitori ai fini proprio dell'evolversi della trama, è stato il solo momento in cui invece ho pensato "ma quanto ci mette? quando finisce questa scena?". Inoltre la mia mente continua a cogliere collegamenti sia con Beau ha paura, sia con Lo faccio per me, anche se per fortuna la sfumatura "madre castrante" è stata presto spiazzata da "madre comprensiva, sebbene un filo ansiosa e attaccata al figlio". A me sembra in atto una rivoluzione nel modo di rappresentare gli affetti: costruire figure genitoriali che siano al tempo stesso centrate ed equilibrate, ma anche in grado di mostrare le difficoltà che si trovano davanti i genitori a crescere dei figli, cosa che giustifica eventuali eccessi, prendendo anche un pelo in giro i loro difetti, che è normale e più che accettabile che abbiano, poiché esseri imperfetti come siamo tutti, ma pieni di buona volontà e spesso di precetti. Chapeau. Questo è un modo realistico e non affettato (sì, sto lanciando una frecciatina a Un mondo misterioso), ma neppure tossico per forza, di gestire il rapporto figli-genitori, una strada che possa anche essere un esempio, perché insegna qualcosa che le vecchie generazioni non erano in grado di fare: dialogare con gli altri esseri umani per spiegare come si sentono.

Riguardo al cattivo, questo passa da essere una macchietta (era doveroso dirlo così) a un villain piuttosto complesso da gestire: il suo evolversi si rispecchia anche nell'aspetto fisico. Non ha però un minutaggio molto alto, anche se viene tratteggiato chi era prima, come diventa quel che è e quali sono i suoi propositi e le sue motivazioni.

Giudizio: ⭐⭐⭐⭐⭐

In conclusione di tratta di due prodotti estremamente ben fatti, molto al di sopra dei film supereroistici che escono abitualmente da qualche anno a questa parte: sono ben scritti, hanno trame avvincenti (nel secondo film più ancora che nel primo) e fresche, sfruttano tecniche ultra moderne di animazione (e sempre di più mi viene da domandarmi perché la Disney si ostini a fare reboot in live-action quando ormai le tecniche animate offrono la possibilità di fare molte più cose rispetto alla CGI, con risultati molto più gradevoli in termini estetici e anche di credibilità). I personaggi sono piacevoli, le loro storie mi hanno appassionata e non vedo l'ora di tornare al cinema a vedere Spider-man: Beyond the Spider-verse.

giovedì 15 giugno 2023

Un horror familiare: Beau ha paura

La mini-maratona che ho fatto al cinema questo martedì sera è esemplificativa di come le aspettative che possiamo generarci sui film prima di entrare in sala sono assolutamente inutili: per me sono state ribaltate.

Che aspettative avevo su Beau ha paura, terzo film di Ari Aster, che lo ha anche scritto e sceneggiato?


Sicuramente desideravo vederlo per Joaquin Phoenix (la presenza alla macchina da presa o nel cast di chiunque mi sia già piaciuto altrove è sempre il primo motivo che mi trascina al cinema), tanto più per il fatto che lo avremmo visto recitare in tre-quattro variazioni dello stesso personaggio (altro elemento imperdibile). Era un film atteso dal pubblico che aveva apprezzato i due precedenti lungometraggi di Aster, che non ho visto. Mi preoccupava molto l'appartenenza al genere horror e il fatto che fosse vietato ai minori di 14 anni, cosa che mi ha spinto a cercare almeno una recensione per capire quanto dovessi temerne la visione. La recensione in cui mi sono imbattuta era lusinghiera, ma ammoniva lo spettatore medio che avrebbe potuto trovarlo ostico alla comprensione e addirittura odiarlo. Quel che temevo maggiormente, però, era la durata di tre ore, precisamente tre ore che potevano rivelarsi un incubo. Addirittura, sedendomi al mio posto in sala, ho sentito i commenti degli altri spettatori che avevano letto di persone a cui erano comparse crisi d'ansia durante la visione.

A cosa mi sono trovata davanti in realtà?

In un passato distopico Beau vive in un quartiere malfamato e pericolosissimo di una metropoli e sta per partire per andare a trovare la madre in occasione dell'anniversario della morte del padre. Ha un contrattempo al momento della partenza e avvisa la donna. Da questo momento si innesca una spirale di avvenimenti che, come in un domino, non si possono arrestare e che condurranno Beau in un tortuoso viaggio, fatto di personaggi assurdi e avvenimenti incredibili, fino a una resa dei conti che prima pensi di aver compreso, ma poi si ribalta di nuovo e realizzi di non aver capito.

Questo film è la metafora di un viaggio, ma non è del tutto quello che sembra e io, tuttora, non sono sicura di aver compreso tutto quello che è e tutto quello che voleva significare.

Ruota sicuramente intorno al rapporto madre-figlio: il film si apre con quello che lo spettatore intuisce possa essere un parto dal punto di vista del feto. La figura della madre predomina nei pensieri di Beau e nelle motivazioni che lo spingono nella vita. Il "confronto finale" è paradossale, ma neppure tanto.

Il caso vuole che nel periodo precedente e successivo alla visione del film, mi fossi cimentata con due libri della psicologa Stefania Andreoli che molto hanno a che fare con la maternità e con la crescita degli individui nell'ambito della famiglia. Mi risuonava dunque molto il concetto di madre che sacrifica tutto per l'accudimento del figlio, legandolo a doppio filo e stringendo di fatto un contratto che prevede poi la restituzione di tutto il ricevuto con gli interessi: dal momento che ha rinunciato alla propria vita con la maternità, ora non le resta altro che la vita del figlio e diviene una madre castrante.

Mi è piaciuto?

Si è trattato di un film sicuramente lungo: non auguro a nessuno di stare tre ore seduto sulle poltroncine del Portico senza intervallo.

La parte finale è abbastanza contorta, mi ha lasciato spiazzata e fa intendere che tutto quello a cui avevo cercato faticosamente di dare un senso, era tutt'altro, anche piuttosto inaspettato. Ci sono frequenti cambi di prospettiva e svariate sorprese: ciò che sembra andare in un senso, a un tratto cambia completamente. Più di una scena sembra un incubo durante un trip di acidi. Malgrado questo ci sono state scene che mi hanno fatto ridere (l'ultima parte in cui Beau è a casa sua, dopo che ha detto a sua madre che non riesce a partire quel giorno) e la sequenza svolta a teatro è visivamente e poeticamente bellissima.

Ciò nonostante, non è un film che rivedrei volentieri: è assolutamente fuori dalla zona di comfort di chiunque, è davvero un film scomodo per lo spettatore, perché costretto spesso a rileggere e riconsiderare quel che sta vedendo sempre sotto una luce diversa. Non è neanche un film che consiglierei a chi mi chiede un consiglio su un bel film, però ha qualcosa che va visto e a chi cerca qualcosa di originale e nuovo e non ha paura di affrontare le angosce derivanti da storie di rapporti familiari malati, allora forse lo raccomanderei.

In conclusione: ⭐⭐ 1/2

mercoledì 14 giugno 2023

Recuperare la saga dei robot prima del settimo film: Transformers

Per la nuova rubrica Lo recupero a casa, ho deciso di vedermi i primi quattro film della saga di Transformers e il primo prequel, Bumblebee, prima di andare al cinema a vedere il settimo, l'ultimo in uscita. Non ho sbagliato a contare, purtroppo il quinto, L'ultimo cavaliere, l'ho già visto al cinema quando uscì nel 2017, trascinata dal fidanzato contro la mia volontà. Anche Il risveglio vado a vederlo per concedere una grazia al pover'uomo che è stato a sua volta condotto innumerevoli volte a vedere film che non gli interessavano, quindi, non ho scuse.

Ho detestato e trovato una boiata pazzesca (cit) L'ultimo cavaliere. Credevo fosse il problema del quinto capitolo: saga ormai stanca, niente più idee fresche, niente più da dire e ci si aggrappa a una serie interminabile di cliché. Invece è un'americanata anche il primo film.


Molto americanata: ci sono i pezzi grossi del governo statunitense (tra cui il ministro della Difesa, interpretato da Jon Voight) che al Pentagono ingaggiano una squadra di analisti per capire quale strano attacco ha colpito un commando dell'esercito in Qatar (mi sembrava di rivedere certi momenti noiosissimi di Avatar, scegliete pure quale dei due). Ci sono delle liceali, palesemente delle modelle, che sono le uniche genie nel loro campo (meccanica o informatica che sia). Ci sono un sacco di aerei che sparano dall'alto su obiettivi vari e un sacco di armi incredibili. Ci sono scene orribilmente imbarazzanti. C'è una sezione segreta del governo che studia cose segrete come gli alieni, comandata da tale Simmons (John Turturro). C'è una storiella young adult piena degli stereotipi del genere tra il compagno di classe sfigato e mai notato e letteralmente "la concubina" del bullo della scuola (citazione nello stesso film di un personaggio che compare in circa due-tre scene e poi scompare, ennesimo inutile spreco di spazio nella sceneggiatura). C'è un pietoso tentativo di inserire una morale ("c'è più di quel che si vede") nel mezzo del niente.

E poi ci sono i "robottoni", che sono l'unica cosa decente del film, ma in questo capitolo si vedono pochino: se avessero tagliato tutte le scene che non contengono robot, pestaggi fra robot, o riferimenti assolutamente necessari ad essi, per una durata complessiva non superiore ai 90 minuti, forse il tutto avrebbe avuto senso. 

In soldoni (e forse sto uccidendo moralmente tutti i bambini, ormai adulti, degli anni Ottanta che guardavano la serie anime) ci sono dei grandi e scintillanti robot che provengono da un altro pianeta: alcuni sono buoni, gli Autobots, altri cattivi, i Decepticons. Il protagonista, l'adolescente Sam (Shia LaBeouf), si ritrova il mezzo alle due fazioni, dopo che acquista un'auto gialla, che si rivela essere l'autobot Bumblebee. Il vero motivo dell'entrata in gioco di Sam è che possiede qualcosa che è ricercato dai robot (buoni e cattivi) per arrivare al loro cubo magico chiamato AllSpark.

Il film è ingiustamente lungo: nella prima lentissima mezz'ora non succede assolutamente nulla. La prima scena di scontro fra robot arriva verso il cinquantesimo minuto, dal quale il film (grazie al cielo) comincia, sebbene con numerose, inutili, noiose interruzioni con scene sul governo e sui genitori del protagonista o su informatici schizzati che strillano. Aberrante. Nei primi 50 minuti non accade nulla, tranne un paio di attacchi alla squadra americana nel deserto, la scoperta che i robot cattivi rubano i dati al governo e molte lunghe scene in cui il ragazzo sbava dietro alla bellona (Megan Fox). Non so quanto si sarebbe potuto tagliare di preciso, ma direi comodamente un'oretta, snellendolo da un sacco di aggiunte puramente in stile USA.

Da amante del genere action, speravo molto che Micheal Bay (che ha diretto tutta le serie) mi regalasse delle grandi sequenze d'azione, ma le ho francamente trovate caotiche, non sempre chiare, molto concitate. Il montaggio mi mostra non so quante volte scene di aerei o elicotteri che passano per pochi secondi e che non mi significano nulla. Il dispiego di risorse è costato 150 milioni di dollari, quindi capisco che era necessario mostrarmi ogni singolo giocattolino comprato.

La storia si compone di troppi personaggi mal caratterizzati (assolutamente niente più che meri ruoli) e questo rende ancora più convulse le sequenze, perché devono restituire l'azione di un numero elevatissimo di soggetti: ci sono i robot buoni e quelli cattivi che si scontrano, ci sono i soldati, ci sono i passanti da salvare e numerosi palazzi e auto da devastare, ci sono quelli del governo, quelli dell'anti-governo, ci sono gli analisti, ci sono i due protagonisti. Il montaggio è pertanto serrato e frenetico. Per me era un pochino troppo. Inoltre il film è del 2007 e sedici anni sugli effetti speciali (che all'epoca furono candidati i Premi Oscar -battuti da La bussola d'oro- insieme al sonoro e al montaggio sonoro, che non superarono quelli di The Bourne Ultimatum) nelle scene d'azione si fanno abbastanza sentire: il confronto con prodotti più recenti e puliti credo abbia pesato sulla mia percezione. 

Mi rendo conto che mi lamento in continuazione della sceneggiatura dei film contemporanei, ma in effetti le cose non andavano tanto meglio negli anni Duemila.

Devo salvare, però, il comparto fotografico: la pulizia e nitidezza di alcune inquadrature e anche la loro composizione le ho notevolmente apprezzate.

In conclusione per me è stata una serata noiosa, spesso, anzi spessissimo cringe, durante la quale non ho nemmeno apprezzato le parti più action, tanto frenetiche, ma soprattutto sepolte da un cumulo di spazzatura inutile, da scene di contorno che non servivano ad altro che ad allungare il brodo e a snocciolare ogni possibile cliché americano che vi può venire in mente. Bocciato

giovedì 8 giugno 2023

La fine di un'era: il terzo e ultimo volume di Jams Gunn per i Guardiani della Galassia

 I primi due film della trilogia dei Guardiani mi sono piaciuti mediamente più degli altri film della Marvel per il loro brio, la loro buona scrittura e regia, anche se avrei dovuto fare un piccolo rewatch prima di tornare in sala perché non ho ricordi così nitidi di tutte le scene.

In questo terzo capitolo i fatti riprendono dal post Avengers End Game e da dopo lo speciale natalizio uscito solo su Disney Plus e che ancora non ho visto. Per coloro che sono fan del franchise nulla di strano: sono tutti al corrente di qual è la posizione del film nella storia e anche che questa pellicola rappresenta l'addio del regista della trilogia, James Gunn, al progetto, per essere stato cacciato dalla Disney ed essere diventato nel frattempo il direttore creativo della casa concorrente DC.


Per tutti coloro che non conoscono le dinamiche, invece, e che magari si erano visti solo Guardiani della Galassia e Guardiani della Galassia Volume 2 (questo lo do per scontato, poiché è sensato vedere la conclusione di una trilogia se si sono apprezzati i primi due capitoli, ma su questo tema è bene che non predichi nulla dopo quel che ho fatto con Fast X), potrebbe essere più complesso orientarsi e proverò a introdurre dei raccordi con gli altri prodotti che ho visto (che non esauriscono in realtà l'ampio catalogo cinematografico della casa fumettistica).

Questo cosiddetto "universo cinematografico condiviso" potrebbe far impazzire, in un senso o nell'altro: ha sicuramente i suoi detrattori, che odiano dover vedere ogni singolo prodotto saltando da film dedicati ai singoli o congiunti e serie-tv o dover fare dei "ripassi" per prepararsi alla visione delle nuove uscite, mentre per altri la condivisione potrebbe proprio essere il "sugo" del progetto creato dalla Marvel.

Io mi colloco un po' fuori dalle due fazioni e sulla inter-relazione faccio abbastanza spallucce: il mio ordine di visione dei prodotti MCU è stato sostanzialmente Iron Man, Iron Man 2 (visti a casa come maratona per andare al cinema a vedere il terzo nel 2013, cosa che poi non ho fatto), Avengers Infinity War (2018), gli altri senza nessun ordine preciso, compreso vedere Captain America e Spiderman 2 prima di Captain America e Spiderman 1 e così via. Seguo molto il mio umore nella scelta di cosa guardare. Certo, non sono in grado di comprendere tutti i collegamenti, le citazioni e gli antefatti, ma, generalmente, la trama si riesce sempre a seguire sufficientemente e valuto ogni singolo film in modo indipendente. Confesso, inoltre, che è stato Infinity War a farmi un po' appassionare alla serie e forse non avrei visto molto altro se avessi dovuto diligentemente seguire l'ordine cronologico, oppure se come terzo film avessi beccato qualche prodotto meno avvincente o scritto in modo peggiore. I prodotti che sono seguiti successivamente, in effetti, non mi sono piaciuti tanto quanto Infinity War, a partire dal suo sequel, che mi ha lasciata abbastanza fredda e delusa. A tutt'oggi non ho ancora mai visto il terzo Iron Man o i primi due Thor, per non parlare di Civil War o del primo Black Panther (che dopo il sequel non ho tutta questa tentazione di recuperare) e nemmeno un Antman, per non parlare di quasi tutte le serie tv a eccezione di WandaVision, Loki e Moon Knight (e metà She-Hulk che non credo porterò mai a termine).

Questa digressione per rassicurare che si può anche saltare qualche passaggio senza sciuparsi la visione del film successivo (seguite la mia filosofia e non ve ne pentirete), ma anche per avvertire chiunque mai approcci questo articolo senza aver visto tutto quanto uscito precedentemente in casa Marvel che se si vuol essere sicuri di capire tutto quello che succede in Guardiani della Galassia Volume 3, o anche solo la trama spiegata da me medesima, si dovrebbe aver visto almeno i due film precedenti dei Guardiani e i due ultimi Avengers (per vedere i quali occorrerebbe aver visto i due precedenti e -credo- Captain America: Civil War, per i quali probabilmente sarebbe stato utile vedere anche i film sui singoli personaggi, quindi in buona sostanza tutto quello che è uscito al cinema). 

Aver perso la visione di Avengers Infinity War Avengers End Game, infatti, significherebbe comunque non capire come mai la ragazza verde, Gamora, innamoratissima del protagonista, Peter Quill (in arte Star-Lord) in Guardiani della Galassia Volume 2 ora sia ostile, non più nella squadra e anche piuttosto diversa dal personaggio precedentemente incontrato; né capire perché Peter sia inconsolabile o perché invece Nebula ora faccia parte della comitiva. Invero, Peter in una scena racconta a mo' di telenovela gli antefatti a un altro personaggio, ma dalla spiegazione artefattissima non mi è sembrato che si potesse davvero cogliere il dramma di cosa aveva significato per lui perdere l'amore della sua vita per mano di Thanos (il cattivo supremo dietro alle trame dei primi dieci anni del MCU) e poi ritrovarsi davanti una sua "variante multiversale" (un'altra Gamora proveniente da un universo parallelo nel quale è alleata del padre putativo), in quanto riportata indietro da un'altra variante di Thanos stesso.

Dopo le vicende della "Saga dell'infinito", Thor si era unito ai Guardiani per poi separarsene in Thor: Love and Thunder. Questa parentesi passeggera, però, è abbastanza isolata e irrilevante, dunque quasi "saltabile", salvo non capire dove si è nascosto Thor se lo spettatore aveva fatto almeno la fatica di vedere Avengers End Game.

Non basterebbe comunque essersi presentati puntuali in sala per ogni uscita: servirebbe anche essersi abbonati a Disney Plus per vedere il mediometraggio natalizio dei Guardiani, poiché credo che il "nuovo" personaggio del cane (Cosmo) salti fuori in quel prodotto lì. 

Diciamo che almeno i primi quattro film elencati (quelli in grassetto) servirebbero davvero, poi sul resto ci si può arrangiare, come me, che sono rimasta cinque minuti a chiedermi come avessi fatto a dimenticare l'esistenza di una Laika parlante e telecinetica (sempre Cosmo, che se non si fosse capito mi aveva lasciata spiazzata).

Compresi tutti i collegamenti con le puntate precedenti, ritroviamo i nostri (Peter, Rocket, Groot, Drax, Mantis, Kraglin, Nebula e -devo farmene una ragione- pure Cosmo) in una fase di relativo relax (come già detto Peter è disperato e passa il tempo a ubriacarsi) presso il loro quartier generale di Knowhere, quando all'improvviso subiscono un attacco di un personaggio dorato e misterioso che vuole rapire Rocket. Questo personaggio, Adam Warlock, è estremamente forte e mette in seria difficoltà il gruppo, finendo per ferire mortalmente proprio il procione. Credo sia bene avvertire subito che il trailer del film ha innescato un gioco perverso con lo spettatore: l'aspettativa per tutto il film è che uno o più personaggi della squadra ci lascino le penne. E il film minaccia di continuo di far accadere quanto il pubblico teme, facendolo restare in tensione quasi costante per due ore e mezza.

Adam infine viene fermato e, a sua volta, ferito da Nebula, ma riesce a fuggire. Scopriremo in seguito che lui e sua "madre" avevano ricevuto il mandato di catturare Rocket per riportarlo dal sadico Alto Evoluzionario, creatore, in una serie di esperimenti, del loro popolo e dell'evolutissimo Rocket, di cui vuole studiare lo sviluppato cervello per lo scopo ultimo suo e della sua fondazione, l'Orgocorp: creare la razza perfetta.

Rocket è così grave da richiedere un intervento d'urgenza, ma non può essere operato perché, all'epoca degli esperimenti che lo trasformarono da cucciolo di procione a essere più intelligente dell'universo, gli fu anche impiantato un dispositivo che l'avrebbe ucciso in caso di "manipolazione" da chiunque non possedesse la password per sbloccare il congegno. Parte dunque la missione di salvataggio di Rocket dalle grinfie della morte, andando a recuperare il codice di sblocco alla sede della Orgocorp.

Questa è la trama del film, lineare e pulita, salvo la defaiance poco credibile di Gamora e quanto può essere stata naïve, proprio lei, a farsi tracciare dagli inseguitori dei Guardiani. Già, perché il contatto (telefonatissimo) di Nebula per infiltrarsi alla Orgocorp non è altro che la scusa per riportare in gioco la ragazza in verde, che ha, stavolta, delle caratteristiche di contrasto che sono abbastanza interessanti. Anche il ruolo di Adam Warlock alla fine del film è piuttosto telefonato, ma la sua evoluzione è simpatica, così come sono discretamente condivisibili, anche se con un po' di dispiacere, le scelte che Gunn opera per far concludere le vicende dei personaggi del team. Da dire che qualche finestra lasciata aperta c'è, anche se, senza il suo regista al timone, non so quanto senso avrebbe andare avanti. Forse anche James Gunn spera, tutto sommato, di tornare un giorno a dirigere questi personaggi?

Ho trovato il film molto apprezzabile. Ha molte delle caratteristiche che avevano i precedenti film: belle scene da guardare (per esempio quella in cui sono nelle tutine da power-rangers e volano nello spazio), scelte registiche sempre di alto livello visivo, fantastiche scene di combattimento, sempre chiare e ben coreografate, discreta scrittura, con un occhio di riguardo per i personaggi, davvero curati nelle loro caratteristiche emotive. Durando, però, due ore e mezza (ovvero un quarto d'ora in più del precedente e mezz'ora più del primo) ci sono, ogni tanto, delle lungaggini (il fatto che sia l'addio te lo fanno proprio sentire), che un pochino mi hanno pesato. Dal punto di vista del ritmo non regge, per me, quello del film originale. Mi sentirei, comunque, di rivedermeli tutti e tre insieme, non appena anche l'ultimo arriverà sulla piattaforma a cui m'è toccato abbonarmi, prima di dare un giudizio definitivo sul mio ordine di preferenza di questi capitoli (soprattutto perché questo film credo vada rivisto senza l'ansia di sapere cosa toccherà in sorte ai protagonisti).

Di sicuro questa saga ha un quid in più rispetto a tutto il resto: è mediamente scritta in modo migliore, molto più accurata, con meno giustificazioni tirate per i capelli sul perché quel determinato potere/oggetto/personaggio di cui erano già a conoscenza è stato tirato fuori solo in quel momento in cui, per l'appunto, tornava bene per la trama o andava introdotto un elemento di novità (si veda Captain Marvel, che Nick Fury conosceva già, ma che ha chiamato solo mentre si stava dissolvendo, o l'assurdità degli Eterni che non mi vanno né in su né in giù, o Thor, che non aveva mai pensato di chiamare altre divinità o di utilizzare il norreno Bifrǫst fino a Love and Thunder, eppure li doveva conoscere anche prima). I personaggi sono originali, coerenti con sé stessi, approfonditi, in evoluzione. L'azione c'è ed è divertente. Le battute sono presenti, alleggeriscono certi momenti senza mai essere volgari, esagerate o fuori luogo, anche perché fanno parte della stravaganza dei personaggi, mentre mal si addicono ai supereroi possenti e seriosi (si sta sempre parlando di Thor, che nei due film di Taika Waititi sembra snaturato rispetto al personaggio che avevo visto negli Avengers, dove trovavo assolutamente sensato si comportasse in modo degno della sua casata e del fatto di essere una divinità e non uno scaricatore di porto).

Le vicende in questi film sono interessanti, anche divertenti e più sopra le righe rispetto ai classici film di supereroi, anzi i Guardiani sono più anti-eroi, un po' arrangiati, ma molto umani (il che li fa entrare subito in sintonia con lo spettatore). Il legame che li unisce, la loro simbiosi, l'unicità dei loro poteri, che fa sì che si possano amalgamare in una vera squadra, rende il team altamente affezionabile. Traspare molto amore nelle loro dinamiche e forse è proprio quello che il regista ha nutrito per loro.

In conclusione: consiglio sinceramente la visione della saga e anche di quest'ultimo capitolo (pure se non siete in pari con la cronologia Marvel), che giudico non il migliore dei tre, ma comunque di grande livello ⭐⭐⭐⭐