Da grande amante della saga di Toy Story (i primi tre capitoli perlomeno...riguardo al quarto sono ancora in fase di negazione) e attenta coltivatrice della mia fanciulla interiore, non potevo assolutamente perdere il nuovo film Disney-Pixar, 26° lungometraggio della Pixar Animation Studios.
La visione è stata resa ancora più piacevole dal fatto che mi trovassi nell'arena estiva del cinema del mio paese, sotto le stelle, con una temperatura fresca e piacevole e un'atmosfera familiare. Ero dunque immersa in quel clima anni Novanta (proprio della mia infanzia -nel 1995 avevo 5 anni-) che il film ti chiede di richiamare nei primi minuti.
Il film me lo sono molto goduto, forse per l'atmosfera di cui sopra: serena, di realtà piccola e alla buona. Ho riso di gusto, come mia nipote adolescente seduta di fianco a me (e non era stata lei a trascinarmi al cinema, ma io che glielo avevo proposto).
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Si vede l'aria divertita? |
La prima sequenza del film è puro fan service e, pertanto, la parte che ho apprezzato maggiormente, perché rievoca molte battute e situazioni dei primi Toy Story.
Poi però la situazione passa da action a stallo e Buzz si slega dal giocattolo che abbiamo conosciuto 27 anni fa. Infatti i personaggi si trovano bloccati sul pianeta in cui Buzz e il resto dell'equipaggio sono atterrati. Inizia a questo punto una dinamica un po' ripetitiva che farà da leitmotiv della storia: Buzz si sente in colpa per non essere riuscito a riportare l'equipaggio indietro, persegue tentativi infiniti per risolvere il problema, si sente in colpa per non riuscirci, etc. Nei suoi tentativi di arrivare alla velocità della luce ed essere così in grado di lasciare il pianeta, la sua vita scorre a un tempo diverso da quello della compagna di avventure spaziali e sua superiore Alisha Hawthorne e di tutte le altre persone che si insediano e iniziano a vivere sul nuovo pianeta. Per gli approfondimenti astrofisici sulla relatività del tempo si rimanda a Interstellar, ma in buona sostanza tanto più Buzz si avvicina alla velocità della luce, tanto più la sua vita scorre lentamente rispetto a quella dei compagni, perché loro si muovono più lentamente. Certo è interessante vedere questi due mondi paralleli di Buzz e Alisha (di cui apprendiamo per fotogrammi le vicende, senza avere però tempo sufficiente e il giusto approfondimento per affezionarcisi -a mio avviso è troppo accennato solo in superficie il rapporto Buzz-Alisha e non lo "sento" davvero-). Però avrei preferito che non si creasse questo scarto tra i personaggi inizialmente presentati nelle prime sequenze e la storia di Buzz, che sarà poi raccontata nel seguito del film. Questa prima parte di fatto è un interludio -fin troppo lungo per il ruolo che doveva svolgere- e una premessa in cui lo spettatore avrebbe dovuto cogliere le radici del dramma di Buzz e delle sue conseguenze successive nel suo comportamento -troppo corto e male approfondito allora-.
La storia vera e propria inizierà con personaggi che vivono oltre 60 anni dopo quell'atterraggio sul pianeta sconosciuto. E non saranno personaggi molto riusciti, tra l'altro: la nipote di Alisha, prevedibile e "già vista" e altri due reietti e sconclusionati aiutanti, che fungono anche da spalle comiche, ma che di fatto sono macchiette. Non si capisce veramente bene perché inserire nella squadra di Buzz tre personaggi meno caratterizzati e meno simpatici persino dell'ingegnere aerospaziale che fa tre apparizioni nella prima parte del film. Ma si capisce meno ancora, e qui si arriva alla ragione del perché il film comunque sia stato piacevole, perché ci sia stato bisogno di altre due parti semi-comiche (comico in senso un po' demenziale e di quella comicità che ha annoiato e di cui non si sentiva il bisogno) quando Pixar aveva già creato per il film il più riuscito dei personaggi da Olaf a questa parte. Il cyber-gatto Sox non solo è il personaggio migliore del film, coerente col suo ruolo e che non ha mai momenti bassi ma solo picchi, ma è anche LA spalla comica che bastava al film e che avrebbe consentito agli altri personaggi di avere sviluppi completamente diversi, magari più complessi. Invece questi tre sono piatti, non hanno caratteristiche degne di nota, hanno pochissima profondità emotiva, che in realtà è stereotipata, sono personaggi sinceramente brutti, di cui addirittura non ricordo il nome. Forse non servono nemmeno per mandare avanti la trama, ma come puro riempitivo per avere qualche momento di azione o comico in più.
L'altro grosso problema, almeno per me, è come evolve la trama. Senza fare troppi spoiler oltre quelli già fatti -ma altrimenti era impossibile parlare del film e non mi sono discostata eccessivamente dal trailer- è Sox, questo pet da compagnia multifunzione, che anima prima la parte iniziale del film, con le sue gag, e poi la trama, fornendo a Buzz quello che serviva per raggiungere il suo obiettivo e al film la spinta per progredire, introducendo ciò che stavo sperando arrivasse: il cattivo.
Il cattivo era quello che pensavo sarebbe stato (il malvagio imperatore Zurg), ma non come mi aspettavo che fosse. 😢
La verità è che io sono giunta in sala aspettandomi un particolare "sapore" che credevo avrebbe avuto il film (quello anni Novanta che accennavo prima). Ero convinta che avrei visto il film a cui si ispirava il videogioco che compare all'inizio di Toy Story 2: azione, inseguimenti, sparatorie, un cattivo classico che è il costante ostacolo da battere dall'inizio alla fine, con una trama abbastanza lineare che porta allo scontro finale. Anche l'introduzione e la prima scena illudono che stia per accadere qualcosa di simile: questo infatti dovrebbe essere il film che Andy vide al cinema nel 1995, poco prima che gli regalassero la riproduzione del famoso Space Ranger. Ciò che mi attendevo molto probabilmente non è stato mostrato per creare una scissione netta con il secondo film della saga originale, senza creare spoiler o ripetere le dinamiche. Ma il punto è che negli anni Novanta i film d'azione (o fantascienza per pochi che ne abbia visti in genere e di quel periodo) non avrebbero potuto avere questa trama moscia! Non è credibile che sia questo il film che ha visto Andy!
Le sceneggiature scritte negli ultimi anni hanno sempre gli stessi punti deboli, ma soprattutto sono riflessive come non lo sarebbero state 30 anni fa. La storia tornava circolarmente sulle stesse crisi di identità dei personaggi, che non sono mai abbastanza, poi ci credono un po', poi si riabbattono. Questo ripetersi della stessa situazione è barboso. Un'altra tematica inflazionata (e a questo punto noiosa) è anche il concetto dell'eroe solitario contrapposto al gruppo, il duro che si crede solo e non riesce nelle imprese fino a che non si identifica nella squadra, diventando allora imbattibile (a qualcuno ricorda le dinamiche di Lego Batman?). L'ostacolo dunque non è il cattivo, che diventa un'aggiunta, ma imparare a credere in sé stessi, a fare squadra e a imparare dai propri sbagli. Tutto questo non lo trovo originale. In un film d'animazione, dove certo deve esserci una morale, l'azione e il divertimento non possono essere superate da questa introspezione continua, completamente fuori luogo perché il target del prodotto non permette di approfondire eccessivamente.
Passiamo però alle cose positive del film, poiché, ribadisco, la serata fu molto piacevole.
- La tecnica animata è straodinaria: i disegni sono bellissimi, la mimica e la gestualità sviluppatissimi, il lavoro dietro pazzesco! Mi sono guardata anche il making of disponibile su Disney Plus, Oltre l'infinito, che mostra tutto il percorso di realizzazione del vecchio e del nuovo Buzz, sottolineando proprio come abbiano puntato a differenziare l'uomo di cui un film narra la storia dal giocattolo che lo incarna, ammettendo che sarebbe stato un rischio reinventare un personaggio così amato e di successo.
- L'inclusività, che sta entrando, gradualmente, nei prodotti rivolti al pubblico dei piccoli, per rendere familiari e naturali a tutti i vari orientamenti sessuali.
- Sox ♥. Sox è stato senza ombra di dubbio ciò che ha portato avanti il film. Anche il suo doppiaggio è stato buono. Ho riso con sincero divertimento a ogni battuta, ogni onomatopea pronunciata, ogni intonazione, ogni movimento del personaggio. Sempre sensato, centrato e realmente divertente senza essere sciocco.
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