Torna al cinema Denis Villeneuve e ci porta di nuovo ad Arrakis in Dune: parte due. Come il primo film, è co-scritto e diretto dal regista canadese. La storia è basata sulla saga di Frank Herbert, che si compone di sei libri.
Quando ho visto Dune: parte uno ancora non avevo (ri)aperto il blog, quindi non ho parlato del primo film, che, tutto sommato, mi era piaciuto. L'avevo trovato un filo lento, ma molto godibile e spettacolare. Il mio genere non è sicuramente la fantascienza, ma la storia mi aveva abbastanza intrigata.
Avevamo lasciato, al termine di questa prima parte, Paul Atreides (Timothée Chalamet) e sua madre, Lady Jessica (Rebecca Ferguson), nel deserto, privati della protezione della loro famiglia d'adozione e dei loro amici (sterminati) e affidati al benvolere dei Fremen, il popolo del deserto.
Li ritroviamo esattamente qui, in marcia per raggiungere il rifugio di questo popolo di guerrieri semi-nomadi, e bisognosi di trovare il proprio posto nel nuovo gruppo di cui stanno per entrare a far parte: Jessica, in quanto Bene Gesserit, come Reverenda Madre della comunità, mentre Paul si addestra a diventare un loro guerriero, un Fedaykin. Presto, il capo Stilgar (Javier Bardem) e chi crede nelle profezie delle Bene Gesserit vedrà in Paul il Lisan al-Gaib, destinato a rendere libero il popolo Fremen; mentre la guerriera Chani (Zendaya) si innamorerà di Paul.
A questo filone formativo e di rivelazioni del nucleo madre-figlio, si intrecciano i piani degli avversari di Paul. Da un lato il barone Harkonnen (Stellan Skarsgard) e i suoi nipoti, Rabban (Dave Bautista) e Feyd-Rautha (Austin Butler) hanno il loro da fare a gestire Arrakis e la produzione di spezia (meno centrale in questa narrazione, rispetto al precedente film, in cui era stata introdotta); da un altro l'Imperatore (che emozione rivedere Christopher Walken in una pellicola a ottant'anni) e sua figlia (Florence Pugh) devono fronteggiare le conseguenze di aver appoggiato gli Harkonnen nella distruzione del casato Atreides; infine, altre Bene Gesserit, che ormai da millenni hanno i loro piani per il destino dell'universo, portano avanti i propri interessi.
Paul subisce notevoli trasformazioni in questa seconda parte. L'abbiamo lasciato nel deserto, orfano di padre, senza i suoi uomini e maestri, deprivato delle sue certezze, del suo status, ricercato dalla famiglia Harkonnen. Deve farsi amici degli stranieri e dovrà prendere in mano il proprio destino di successore degli Atreides e persino di qualcosa di più (il Kwisatz Haderach creato dal potere e dalle arti delle Bene Gesserit). Ribalterà dunque la sua condizione, costruirà la sua via e la sua figura, proprio mentre la casata rivale completerà il proprio ciclo in modo del tutto diverso. Il protagonista si ritrova dunque non solo a imparare nuovi usi, costumi, linguaggio e modi di combattere, ma, soprattutto, è dentre di sé che dovrà operare importanti riflessioni, battaglie e cambiamenti.
Partiamo subito con una considerazione sulla produzione. Dopo aver realizzato un prodotto visivamente eccellente, che ai precedenti premi Oscar si era portato a casa sei statuette (fotografia, colonna sonora, sonoro, montaggio, scenografie ed effetti speciali) su undici nomination, il livello è stato confermato se non superato. La possibilità di riprendersi, al prossimo giro, le stesse vittorie (e forse di più) sono altissime.
Per esempio la regia è stata molto bella, con inquadrature veramente suggestive. Ancora è prematuro esprimere favoritismi, ma Villeneuve è già stato candidato in passato alla regia per Arrival, mentre per Dune: part one fu candidato alla sceneggiatura e per la produzione del film.
Greig Fraser restituisce nuovamente una fotografia sbalorditiva, a cui si prestano benissimo i paesaggi del deserto sabbioso; Hans Zimmer dà vita a una colonna sonora potentissima, che esalta ogni fotogramma della narrazione e anche il sonoro è notevole. Visivamente e a livello di spettacolo d'intrattenimento si tratta di un opera imponente, con scene magniloquenti ed epiche. La visione in sala IMAX è stata quanto mai necessaria e il prezzo del biglietto è stato ben speso (malgrado abbia ricevuto due pareri sul fatto che esaltasse immagine e suono pure troppo, ma era un po' questo lo scopo...).
Anche il cast è stato importante, anche se l'aggettivo corale per descrivere questa narrazione non mi convince: ci sono molti attori, sì, ma non altrettanti punti di vista, secondo me. Molti nomi erano già presenti nella prima pellicola, ma ci sono state aggiunte (la famiglia imperiale, il secondo nipote Harkonnen, Léa Seydoux e Anya Taylor-Joy) e defezioni (Oscar Isaac, Jason Mamoa). Ho trovato gli attori veramente bravissimi, con speciale plauso - per me - a Ferguson (una certezza), Pugh (molto precisa), Bardem (veramente tanto nella parte), Bautista (che non nasce attore, ma che negli anni si è molto perfezionato) e Butler (già con Elvis aveva fatto un bel lavoro, ma qua mi è piaciuto e mi ha convinta di più).
La storia copre un arco narrativo molto lungo, narra svariati eventi e mutamenti, anche politici, e lo fa in un tempo piccolo - meno di una gestazione -, forse troppo corto perché sia solidamente credibile. Questo, però, è vero se ci fermiamo a pensare solo in termini di mesi. La costruzione delle vicende per me ha funzionato e i tempi cinematografici c'erano. Il ritmo, in particolare, è cauto e dà ampio respiro alla narrazione: è lento (e questo è il solo difetto che trovo a questo film, per quanto importante), ma non mi ha mai annoiata. Nondimeno, questa lentezza si è fatta sentire, rendendomi la visione un po' claustrofobica (a un'oretta ancora dalla fine, una sbirciatina all'orologio l'ho data). Non è propriamente grave, ma non è un film che scorre senza che ce ne si accorga; del resto due ore e quarantacinque sono pur sempre tante e posso affermare di averle percepite tutte.
Sostanzialmente il film ha gli stessi pregi e difetti del primo (che infatti misurava solo dieci minuti meno del sequel), con una maggiore maestosità, se possibile, dovuta al proiettarsi della vicenda in un'altra prospettiva cosmica e al ribaltamento di poteri, con il protagonista che da fuggiasco e schiacciato assurge a messia e leader.
Giudizio: ⭐⭐⭐⭐ Un gran bel film
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