sabato 25 marzo 2023

L'ultimo capitolo della saga di Rocky (senza Rocky)

 Il terzo film della saga di Creed, spin off e sequel di quella di Rocky Balboa, non ha nel cast, dopo ben otto pellicole, Sylvester Stallone, che però è tra i produttori.


Il protagonista è Adonis Creed, figlio di Apollo, a cui Rocky fa da allenatore nei primi due film, entrambi molto piacevoli, soprattutto il primo, che nel 2015 mi aveva molto convinta, pur non essendo una fan della saga. Perché Stallone non è della partita nel terzo capitolo? L'attore ha dichiarato che la piega che stava prendendo la storia, nella scrittura di Keenan Coogler e Zach Baylin e sotto la direzione dell'interprete di Adonis, Michael B. Jordan, non incontrava il suo favore. 

I like my heroes getting beat up, but I just don’t want them going into that dark space. I just feel people have enough darkness.

Mi piace che i miei eroi si facciano picchiare, ma non voglio che vadano in quello spazio scuro. Sento solo che le persone hanno abbastanza oscurità.

Con queste parole, rilasciate in un'intervista a The Hollywood reporter, Stallone si sarebbe dissociato dal lavoro creativo svolto per Creed III.

In effetti i tre capitoli sono abbastanza duri col protagonista, ma questo ultimo è davvero più oscuro e più crudo, tornando a perseguitare Adonis un fantasma del suo passato. Jonathan Majors porta sullo schermo un uomo che cova in sé rancore e voglia di riscatto. Damian Anderson e Adonis Creed erano amici da ragazzi, quando Dame sembrava essere destinato a diventare un grande pugile. Ma Damien finisce in prigione per vent'anni e quando esce cerca l'amico di un tempo, che decide di aiutarlo nel suo sogno di riprendere la boxe facendolo allenare nella sua palestra, che gestisce con l'allenatore Duke, dopo essersi ritirato dal ring da campione in carica. Adonis sottovaluta però l'ambizione cieca di Dame e anche i sentimenti che cova nei suoi confronti. Tocca tornare a combattere.

La storia ci mostra una situazione iniziale idilliaca: Adonis con la sua ridente famigliola (al limite della leziosità), nonostante le difficoltà della figlia sordo muta. Poi, con l'ingresso in scena di Damien, una serie di cambiamenti (la salute della madre, i rapporti con Duke e Dame, la propria incapacità di aprirsi con la moglie ed esprimere i sentimenti) precipitano il protagonista in un vortice da cui fatica a uscire.

Il film è scorso abbastanza bene, con un ritmo discreto, ma che lascia poco spazio ai combattimenti sul ring. Il secondo tempo, in questo senso, è decisamente migliore.

L'esordio alla regia di Jordan è convincente. Fa uso anche del rallenty e di molti primi e primissimi piani. Nello scontro finale, per sottolineare l'intimità degli avversari, Adonis e Dame sono rappresentati isolati dallo stadio che li ospita. Il film, che è stato girato con la tecnologia IMAX, ha una bella fotografia e ne approfitta per esaltare i primi piani degli attori.

Il cast è bravo, in particolare mi è piaciuto tantissimo Jonathan Majors, credibile in tutte le sfaccettature che ci mostra il suo personaggio.

La musica, che ha caratterizzato così tanto tutti i capitoli di questa saga sequel, legandosi alla storia di Bianca (Tessa Thompson), moglie di Adonis, anche in questo caso è incisiva nei momenti clou del film.

Cosa mi è piaciuto: regia, Jonathan Majors

Cosa non mi è piaciuto: ritmo non sempre trascinante, poche scene ambientate sul ring, molte di più incentrate sul vortice nero in cui scivola il protagonista

Giudizio: film d'intrattenimento mediocre, inferiore ai primi due episodi ⭐⭐⭐

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