È una Roma distopica, quella che mette in scena Paolo Virzì nel suo ultimo Siccità, fuori concorso a Venezia, in cui non piove da così tanto tempo ("giorno 367 della crisi idrica" annuncia il telegiornale) che il letto del Tevere è diventato uno scavo archeologico e le case dei romani sono invase da orde di blatte. In questo scenario apocalittico si sta diffondendo un'epidemia di una strana febbre del sonno che colpisce gli abitanti e di cui i medici stanno cercando di capire l'origine.
È in questa cornice che si sviluppano e si intrecciano tra loro le storie corali di molti protagonisti: famiglie che si sfasciano, ma lasciano una facciata di rispettabilità esterna e "social" (perché nel mondo di oggi contano solo il numero di like e si cambia format in base a quello più adatto a moltiplicarli, compresi tutorial sul risparmio idrico), ipocrisie, coppie non riconosciute, amori segreti, attrazioni adolescenziali, carcerati dimenticati chiusi fuori da Rebibbia, disgraziati che hanno perso tutto, tassisti con le visioni, lotte per affrancarsi, lotte per sopravvivere, Madonne nere che attraversano il deserto del Tevere, piantine che cercano di non morire assetate.
Le storie raccontano anche lo scontro di classe, la disparità che nel nostro paese è sempre presente: mentre manca un bene primario per tutti, che viene razionato, con tanto di provvedimenti e persecuzioni (polizia al seguito) se un qualunque poveraccio di strada cerca di fare il furbo e di arraffare più di quanto gli spetta, mentre i giovani scendono in protesta, i ricchi hanno sempre di più e per qualche misterioso motivo godono di scorte insospettabili che sperperano in inutilità come le piscine, l'idromassaggio e le beauty farm.
È un film di denuncia, coi suoi paradossi e le sue parodie, al cambiamento climatico (e ai modi in cui lo affrontiamo) che somiglia un po' a Don't look up: il personaggio di DiCaprio sembra impersonificato in tutto e per tutto da quello del Professor Del Vecchio (idrologo, evoluzione 2.0 del virologo dei nostri giorni), anche nell'evoluzione da esperto super partes a uomo corrotto dal sistema.
Io l'ho visto al cinema del mio paese nella seconda settimana di uscita e una mia amica, che aveva fatto in tempo a vederlo subito, mi aveva detto che non le era piaciuto perché sembrava troppo "alla Sorrentino". Adesso posso dire che, se anche fosse, non mi è dispiaciuto (forse alludeva a citazioni e a rimandi a una simbologia molto vicina a quella del napoletano, come la Madonna o la parata danzante in strada o la preghiera al papa che sembra latrice di salvezza), ma io ci ho trovato molto Virzì, nei personaggi, nella loro miserabile umanità, che è raccontata così bene e in modo così coinvolgente. Gli attori, anche i più giovani, sono bravissimi. Mi è piaciuta tantissimo l'interpretazione di Emma Fasano, che pure forse ha un minutaggio inferiore ad altri personaggi.
Il ritmo è davvero scorrevole, le storie sono tante e non un minuto è sprecato: ogni scena racconta quel tanto che basta a volerne sapere di più di ciascun personaggio per subito passare a un altro racconto ugualmente interessante e quelle due ore o poco più passano velocissime, lasciandoti ancora con un senso di incompleto.
Cosa mi è piaciuto: tutto, attori, regia, vicende, rimo serrato
Giudizio: ⭐⭐⭐⭐ 1/2

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