domenica 10 dicembre 2023

Ken Loach ci parla di integrazione: The Old Oak

 Conosco il regista inglese Ken Loach solamente attraverso il film Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà del 2014, che mi piacque, mi commosse e che cito ancora a memoria nello scambio (per me) più bello di battute dei due protagonisti, Jimmy e Oonagh.


Non posso dirmi dunque una fine conoscitrice della sua poetica e della sua cinematografia, ma senza dubbio posso testimoniare che due volte su due Loach è arrivato col suo cinema, che parla di persone svantaggiate, dritto nelle corde del mio cuore e mi ha toccato molto. Prometto dunque di recuperare la mia colpevole lacuna dei suoi film più celebri.

Questo film ha concorso per la Palma d'oro all'ultimo festival di Cannes.

The Old Oak è un vecchio pub nell'Inghilterra del Nord, in una cittadina un tempo sede di una comunità di minatori che ha visto la morte ingiusta di molti di loro, la loro povertà e gli scioperi degli anni Ottanta.

Adesso che la miniera non è più in attività il paese si è spopolato, le case non valgono più nulla e le persone rimaste sono frustate dalle pessime condizioni di vita. Anche il gentile proprietario del pub, TJ Ballantyne, è costretto a fare buon viso a cattivo gioco davanti ai pochi avventori che gli sono rimasti (molti dei quali razzisti e fomentatori di odio nei fatti e sui social media) per tirare avanti.

Tutto si complica quando (siamo nel 2016) nel paesino giunge una comunità, sempre più numerosa, di profughi siriani, che scappano dalla guerra civile in corso. L'arrivo di un perfetto capro espiatorio straniero fomenta il malcontento e causa numerosi episodi di scontro verbale e non fra i locali e i siriani.

TJ è tra le poche persone gentili che cerca di accogliere i profughi e di aiutare i volontari che si occupano di loro (aiuta per esempio la giovane Yara e le diventa amica), ma cerca di non schierarsi contro i suoi concittadini meno illuminati. Tuttavia è proprio l'Old Oak che diventa il punto di incontro di dibattiti razzisti e di iniziative che favoriscono invece l'integrazione delle due comunità.

Il film descrive il lento processo di incontro, scontro e integrazione tra inglesi e migranti che avviene nel pub e nel paese. Alcuni cittadini rimarranno razzisti, hater, leoni da tastiera, mentre altri cominceranno ad ammorbidire e poi a cambiare le proprie posizioni: uno scenario immaginario, ma perfettamente verosimile di come è avvenuto e può avvenire questo incontro-scontro di mondi, separati dalla geografia, dalla cultura, dalla religione, dal colore della pelle. Ogni svolta nel film è costruita prima, così che il corso degli eventi è predeterminato dagli antefatti, proprio come la realtà.

In più occasioni è il sedersi a tavola a consumare cibi e bevande (la convivialità) che unisce i personaggi di questo film, nell'integrarsi o nell'aggregarsi (nel bene o nel male): forse è per questo che il perno di tutte le vicende è proprio il pub.

Meno di due ore, eppure questo processo graduale è descritto molto bene e la sceneggiatura è costruita magistralmente per raccontare tutti i punti di vista di questo incontro tra culture, rappresentando i punti di vista ambivalenti degli autoctoni e le molte sfaccettature della fusione delle due comunità.

TJ e Yara sono i protagonisti del film e gli artefici di questo cambiamento: di loro conosciamo le storie personali, che sono raccontate e recitate con tanto trasporto da farmi immancabilmente versare delle lacrimucce. Entrambi hanno un passato difficile, per ragioni molto diverse, ed entrambi perdono qualcosa nel corso della storia e imparano a starsi vicini nel rispetto l'uno dell'altro, nella differenza culturale e di età, eppure nell'universalità dell'affetto che si prova spontaneamente per coloro che soffrono, seppure per ragioni diverse.

Lo dice molto bene Yara a un certo punto e riassume in modo così semplice l'incontro e il capirsi, l'essere vicini: 

"Comprendiamo la perdita."

Perdita che tuttavia non perdonerò mai a Mr Loach.

Mi sono molto piaciuti gli attori che hanno interpretato i personaggi principali, che insieme all'ambientazione (le riprese nel pub sono state fatte in un pub in disuso e quella lettera dell'insegna che continua a cadere ci dice già tutto delle condizioni in cui versa l'attività di TJ) hanno saputo dare quest'atmosfera molto verosimile, di piccola comunità dove tutti si conoscono e dove crescono malesseri, ripicche, ma anche solidarietà.

TJ è Dave Turner, che ha già lavorato ad altri due film con Loach; Ebla Mari invece lavora in questo film per la prima volta in Europa, ma insegna recitazione nel Golan. C'è anche Trevor Fox, volto un po' più noto (ultimamente era anche ne L'imprevedibile viaggio di Harold Fry).

Giudizio: ⭐⭐⭐ 3/4 (la perdita di cui sopra abbassa il voto)

Raccomando questo film per la scrittura estremamente abile nel presentare un tema complesso nelle sue molte sfaccettature e soprattutto perché è un film che riesce a essere allo stesso tempo dolce e crudo, ma lasciando un po' di speranza nel genere umano, che coi tempi che corrono non è poco.

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