Il nuovo film diretto da Paolo Genovese è l'adattamento, scritto insieme a Paolo Costella, Rolando Ravello (che erano anche co-sceneggiatori di Perfetti Sconosciuti) e Isabella Aguilar, del romanzo dello stesso regista, Il primo giorno della mia vita. Mi è piaciuto così tanto che credo mi procurerò il libro.
La storia ha inizio in una notte di pioggia a Roma: un uomo (Toni Servillo) sta facendo salire in auto alcune persone, un uomo (Valerio Mastrandrea), Napoleone, una ragazza su una sedia a rotelle (Sara Serraiocco), Emilia, una poliziotta (Margherita Buy), Arianna, per condurli all'Hotel Columbia, poiché hanno accettato di dargli una settimana di tempo per provare a far loro cambiare prospettiva.
Non mi è possibile dire altro della trama senza rischiare di svelare sorprese (che magari dal trailer si intuiscono anche). In altre occasioni ho rivelato anche molto di più, ma trovo che in questo particolare contesto sia proprio bello scoprire tutto in sala e raccomando fortissimamente di vedere questo film.
A me piacque molto anche Perfetti Sconosciuti (ho trascinato il mio compagno a recuperarlo, quando di solito me lo porto dietro solo per film action-thriller-avventura) e Tutta colpa di Freud, anche questo visto un paio di volte, fatto abbastanza insolito per me.
In tutti questi tre casi Paolo Genovese non era solo alla regia, ma anche nella sceneggiatura e in tutti questi tre casi l'ho trovata molto ben scritta. Ne Il primo giorno della mia vita i personaggi non sono stereotipati o tagliati con l'accetta, non sono nemmeno sfaccettati al massimo, ma sono abbastanza approfonditi: Napoleone più di tutti, ma abbastanza anche Emilia; un pochino meno i personaggi di Arianna e del piccolo Daniele. I dialoghi sono stati in molti casi brillanti, esclusa qualche frase un po' plateale, ma sono pochissime. La situazione creata è molto interessante e originale e le regole che sono stabilite vengono abbastanza rispettate, a meno che non sia spiegato allo spettatore il motivo per cui sono sospese. La storia ha molto da dire (e lo fa in solo due ore, cosa possibilissima, anche se a Hollywood non se ne sono ancora accorti), toccando uno stesso argomento da quattro (più una) prospettive diverse, ognuna diversa, alcune poggiate su motivazioni più tangibili, ma una no (e per questo è quella più bella e controversa da affrontare). Ci sono alcuni colpi di scena, alcune sorprese in questo racconto, che lascia in sospeso lo spettatore fino all'ultimo (anche se l'ultima scena era un briciolo telefonata). L'emozione c'è, molto spesso trattenuta: non è un film che fa piangere, fa più riflettere. Non mi stava piacendo nelle prime scene: era molto buio e anche il sonoro sembrava spento, durante quella notte piovosa e oscura, ma quando inizia questa settimana "di prova" l'illuminazione cambia.
Le recitazioni sono state precise e mi sono piaciute, anche Margherita Buy, che in altre occasioni mi ha lasciata più tiepida. Toni Servillo sempre ad alti livelli, Valerio Mastrandrea vestiva una parte aderentissima alla sua recitazione. Si rivede anche Elena Lietti, che sta girando un film (di successo) dopo l'altro: era anche in Le otto montagne e Siccità.
Il ritmo regge, le storie sono interessanti e la suspense sulle decisioni dei personaggi fa sì di voler andare avanti, di voler sapere come va a finire. Gli spaccati sul futuro dei personaggi ci lasciano ancora una curiosità insoddisfatta.
Giudizio: ⭐⭐⭐⭐
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